LAVORARE PER VIVERE O PER MORIRE?
Made with love by Luca Giuseppe Murrone
In Italia nel 2021 hanno perso la vita sul lavoro 1404 persone.
A fornire questi dati è l’Osservatorio Indipendente che è nato a Bologna nel 2008 e da allora raccoglie volontariamente su un blog tutti i dati relativi alle morti sul lavoro.
Questi dati dell’Osservatorio – che lo differenzia dal’Inail – fanno riferimento anche alle cosiddette “morti in nero” ovvero registra tutti coloro che hanno perso la vita sul posto di lavoro ma che non erano regolarmente tutelati dalla Legge. Su questi numeri si è soffermato anche Carlo Soricelli, coordinatore dell’Osservatorio, che ha dichiarato: «Lo Stato spende miliardi per la sicurezza ma negli ultimi anni, da quando l’Osservatorio ha iniziato a fornire questi dati, non è cambiato nulla. Non vi è stato nessun tipo di miglioramento». Certamente – lo dicono anche i numeri – ci sono lavori più sicuri di altri anche perché dietro ogni “morte bianca” ci sono tanti fattori che la determinano. Ma Esistono realmente, quindi, dei lavori più sicuri di altri? Secondo l’Osservatorio Indipendente che ha lavorato all’estrazione di questi numeri in comunione con l’Inail, sì.
Delle 1404 morti bianche nel 2021, infatti, circa il 30% appartiene al settore agricolo. Agricoltura, quindi, è la capolista, in negativo, di questa classifica. Al secondo posto si posiziona, invece, il settore edile dove ha perso la vita oltre il 15% . Al terzo gradino del podio, invece, il settore dell’industria con il “suo” 5%. I luoghi sono certamente importanti e ci forniscono un’ulteriore spunto di analisi perché fanno emergere l’attenzione che le aziende e le società hanno verso i propri dipendenti.
Ogni “morte bianca”, quindi, può essere frutto di non rispetto delle normative vigenti in ottica sicurezza sul lavoro. Per il settore agricolo, ad esempio, il 75% delle morti in quel settore è dovuto allo schiacciamento da trattore e nella statistica generale non ci sono età prevalenti. Ovvero a morire sul lavoro sono sì i più anziani (lavorativamente parlando) ma anche i meno giovani. E questo trend mortale che, RealisticaMente parlando, sembra ormai all’ordine del giorno, deve farci riflettere. Perché mentre sto scrivendo magari qualcuno sta rischiando la propria vita per “guadagnarsi” un pezzo di pane.
Molti si chiedono, infatti, “perché devo lavorare?” Certamente il caro-vita ha fatto accrescere, nell’italiano medio, questo dilemma esistenziale. Con i prezzi del carburante alle stelle, le bollette di gas e luce da capogiro, gli italiani (quelli con un reddito basso o, al massimo, medio) hanno fatto e continuano a fare molta fatica a “campare”. E quindi c’è un’altra faccia opposta a quella che ci vogliono dimostrare o ci vogliono far vedere. La sicurezza su tutto, anche sul lavoro, deve essere una priorità ma – occorre precisarlo – non sempre è così. E poi si muore, si, perché lo dicono i numeri che, anche se ormai ne siamo assuefatti, dicono spesso e volentieri la verità. I numeri, infatti, in questo caso, parlano più delle parole. Raccontano drammaticità, vite spezzate, sogni in frantumi di tanta gente. Troppa.
E nel 2022 com’è la situazione? Pensate che sia migliorata? Non è affatto così. E magari oggi festeggiamo perché grazie a Noi il lavoro c’è ma capovolgendo la medaglia troviamo l’ennesimo lato oscuro. Nei primi tre mesi del 2022, infatti, l’Inail ha registrato 189 morti sul lavoro.
Non servirebbe dire altro. O forse sì, con occhio critico e spirito libero, gridiamo
“IL LAVORO HA BISOGNO DI ESSERE VERO, NON NERO. HA BISOGNO DI ESSERE TUTELATO, SALVAGUARDATO E SOPRATTUTTO PULITO, GARANTITO E ….. SICURO”.