di Gian FrancoMurrone
Sguardo serafico dardeggia dentro me
come spine di rose sfarzose
accecate da rumori sepolti
nel suolo di stelle piangenti
scova i rintocchi e l’etilene
di un ostaggio germoglio di se
è tutto più bello qui, vorrei vedere se mai…
sorseggia un po’ di ebrezza e fuggi
e vedrai la vera essenza del tuo cuore
scalpitante ed impaziente dell’ultimo ardore
di un incosciente biascicare di vecchio stupore
nella vetrina di un paonazzo volteggiare
piegato muovi all’insistenza di andare
per non celare i tuoi paesaggi al sorriso
e in una lacrima il cristallo ti osteggia
mentre ambascia si conficca in te
e come un rito
predispone i suoi TE
è un languore pietroso
paventa e si consuma
nel turpiloquio di un dannato bisogno
che questa folla si denunci da se
come un invito
un vecchio rito
come la bestemmia che del resto non cede
accenna al vezzo
piegato al cenno perché d’un tratto ti sfiori
quell’esiziale sontuosità di vita al ritmo finale