PAPA FRANCESCO, 8 ANNI DI RIVOLUZIONE

Made with love by Luca Giuseppe Murrone

«Fratelli e sorelle, buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma, sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui». Con queste parole Jorge Mario Bergoglio iniziava il suo pontificato esattamente il 13 marzo del 2013.

«Chiamatemi Francesco». Papa Francesco, con il suo animo buono e mite, da uomo proveniente dalla “fine del mondo”, ben 8 anni fa iniziava la propria rivoluzione, non solo per il ruolo che egli ricopre ma anche per i continui suoi messaggi di solidarietà, di pace e di unione anche nei confronti di mondi diversi dal nostro.

Francesco, da otto anni a questa parte, si è dovuto trovare a ricostruire ferite di una Chiesa un po’ fragile e debole dopo le dimissioni storiche e, in un certo senso, anche rivoluzionarie del predecessore Benedetto XVI.

LA COMUNICAZIONE

Anche dal punto di vista della comunicazione, Papa Francesco, non si è mai fatto scrupoli. Ha sempre detto quello che pensava, sosteneva e riteneva opportuno dire. Anche facendo un po’ smuovere le acque di una Chiesa, sotto moltI aspetti, poco abituata a questo tipo di rivoluzioni. Una Chiesa, quindi, che Bergoglio doveva e deve continuare a rivoluzionare.

Da 8 anni a questa parte, la comunicazione del Pontefice si basa su meccanismi nuovi, rivoluzionari quindi. In un certo senso si basa su concetti basilari. Basti pensare a come l’Angelus sia diventato un messaggio – non solo di speranza – ma anche di amicizia, di creare quella giusta empatia e anche sintonia con i propri fedeli.

«Buon pranzo e pregate per me». Anche questo è uno dei messaggi più semplici ma anche rivoluzionari dell’aspetto comunicativo di Papa Bergoglio. Lo dice, sempre, dopo la recita dell’Angelus. Ma di rivoluzioni, Francesco, nei suoi lunghi ma brevi, RealisticaMente parlando, anni di rivoluzione come capo della Chiesa Cattolica, ne ha fatte parecchie.

Sotto un sole cocente, nel giugno del 2014, Papa Bergoglio arrivava nella Piana di Sibari, sulla costa ionica calabrese alle pendici della Sila e del Pollino. Ad accoglierlo centinaia di migliaia di fedeli. Anche questa è stata rivoluzione.

Fonte: Il Messaggero

Un Papa, o meglio il Papa in Calabria, in una Terra martoriata da fatti di sangue che – per mano di criminali -uccidono anche i bimbi e non vedono in faccia nessuno. Non si piegano davanti a niente e nessuno, continuano a professare il male, spesso anche in nome di Dio, commettendo un peccato mortale.

UN BIMBO INNOCENTE

Cocò Capolongo aveva soltanto 3 anni quando a Cassano allo Ionio (CS) la ‘ndrangheta l’ha prima ucciso e poi dato alle fiamme, perché essa non guarda in faccia niente e nessuno, nemmeno gli occhi di un bambino che voleva solo giocare.

Fonte: Il Messaggero

La “colpa” del piccolo Cocò è stata quella di trovarsi in compagnia del nonno e della compagna di lui. Era il nonno di Cocò, Giuseppe Iannicelli, boss della droga che si portava sempre dietro il piccolo e innocente Cocò per scoraggiare i sicari. Non c’è riuscito. La fredda sera del 16 gennaio del 2014, Cassano allo Jonio fu scossa, da quell’incredibile agguato. Dei killer, infatti, hanno prima sparato colpi d’arma da fuoco su Iannicelli, la sua compagna, la marocchina Ibtissam Touss e lo stesso Cocò. Poi il fuoco all’auto. E i cadaveri carbonizzati.

Non è la scena di un film è, RealisticaMente parlando, uno dei fatti di sangue più crudeli della “nuova strategia dell’orrore” della ‘ndrangheta. Tutti gli “uomini di buona volontà” hanno pianto per l’uccisione del piccolo innocente Cocò che non aveva nessuna colpa. E il Papa questo lo sapeva, lo sa tuttora. Per l’agguato del 16 gennaio 2014 la Corte d’Assise ha confermato l’ergastolo per i due killer: Faustino Campilongo e Cosimo Donato.

LA SCOMUNICA

Durante la sua visita pastorale nel 2014, in Calabria, Francesco ha scelto di andare a far visita anche al Carcere di Castrovillari e poi ha portato i saluti proprio alla famiglia del piccolo Cocò. Durante questo incontro, Bergoglio, commosso ha dichiarato: «Mai più succeda che un bambino debba avere queste sofferenze».

Dopo aver fatto visita all’Ospedale, agli ammalati e pranzato con gli ultimi, sotto il sole già cocente della Calabria si è vista una luce di speranza affinché le sofferenze di un bambino non accadano mai più. Senza mezzi termini Papa Francesco nel corso della sua messa davanti ai fedeli ha dichiarato:

«Quando non si adora Dio si diventa adoratori del male. La ‘ndrangheta è adorazione del male. E il male va combattuto, bisogna dirgli di no. La Chiesa deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. I mafiosi sono scomunicati, non sono in comunione con Dio».[link Youtube

È un messaggio forte, di speranza, ma anche di tanto coraggio quello del Papa anche per il semplice fatto che gli uomini delle mafie e della ‘Ndrangheta in particolare diventano uomini del disonore anche nel segno della (mala)fede. I battesimi, infatti, avvengono tuttora sotto intercessione di San Michele Arcangelo ed è risaputo che nei covi dei latitanti ci siano degli altarini.

Basterebbe leggere gli approfondimenti di Antonio Nicaso e Nicola Gratteri sul tema del legame forte tra la ‘ndrangheta e la Chiesa per rendersi conto di quanto siano state e sono tuttora importanti le parole e dichiarazioni di Bergoglio.

LA RIVOLUZIONE CONTINUA

Parole che hanno fatto il giro del mondo, ovviamente. Ma i messaggi di speranza ed unione di Bergoglio continuano sempre anche nel periodo attuale della Pandemia che ci costringe a viver male. Anche chi non ha fede in Dio – e in particolare nella Chiesa Cattolica – non può che condividere le parole di Papa Francesco.

Ma perché Bergoglio piace anche a chi non crede? Sicuramente potremmo dire che è simpatico ma non vorremmo essere fin troppo banali nel commentare il Papa. Bergoglio è simpaticamente vicino a noi, non solo per il ruolo che veste, anzi.

È il Papa vicino agli ultimi, ai disperati, agli ammalati. A tutti coloro che soffrono e – anche se non lo dimostrano – ce ne sono tantissimi, anche nel nostro paese. È un Papa umile, unico e anche quello che la maggioranza della Chiesa, in un momento storicamente difficile, ha voluto e sostenuto.

Ponti non muri. È uno slogan, sì. Ma anche il messaggio lasciato e lanciato da Papa Francesco dopo la storica visita in Iraq nei giorni scorsi prima dell’anniversario dei suoi 8 anni da Pontefice.

A Papa Francesco, alla sua umanità e alla sua continua rivoluzione – non solo per la scomunica dei mafiosi – va tutto, RealisticaMente parlando – il nostro sincero Grazie!