‘NDRANGHETA, CONTINUA A FAR RUMORE

Sembra silente eppure fa sempre più rumore. Si evolve e involve. Cambia pelle e si amalgama, così come la melma, perfettamente ai contesti storici e sociale. La ‘Ndrangheta è questa e molto altro ancora. Al Sud dove mise le basi ormai diversi secoli fa – e al Nord dove le basi le ha estese, allargate e sfondato i confini.

A Buccinasco, nel Milanese, lunedì 11 ottobre scorso, è accaduto un vero e proprio agguato di ‘ndrangheta. A perdere la vita, Paolo Salvaggio, 60 anni ed ex broker della droga. Era agli arresti domiciliari perché malato terminale dopo aver subito una condanna per droga.

Nel Milanese, quindi, la nuova ‘ndrangheta si fa sentire, respira silente e poi agisce e uccide ancora, in pieno giorno, per far capire che – seppur i tempi son cambiati – gli affari sporchi si lavano, ancora, nel sangue.
CHI ERA DUM DUM

L’omicidio di Dum Dum, così veniva chiamato Paolo Salvaggio ha ripercussioni nel passato. Ed è proprio su questo passato dell’ex boss della droga che gli inquirenti stanno, ininterrottamente, investigando sull’omicidio di Dum Dum. Un soprannome che è tutto un programma.

Salvaggio – così raccontano gli inquirenti – ha preso in prestito questo soprannome che ricorda un tipo di proiettili ad espansione, molto letali. E così Salvaggio era letale, con un destino già segnato in piena adolescenza.

I BOTTI DI CAPODANNO

Paolo Salvaggio iniziò a far parlare ancor prima degli anni ’80. Precisamente il 1978, in provincia di Pavia, nel Comune di Bereguardo, la notte di Capodanno uccise un buttafuori di una discoteca. Poiché minorenne venne arrestato e portato al carcere minorile di Beccaria. Fuggì di lì a poco, ma poi ci ritornò, in un via vai che ha caratterizzato tutta la sua esistenza.

I botti Dum Dum li ha fatti a Capodanno di quel 1978, ma non era uno di quei boss che uccidono. Secondo gli inquirenti non ha mai ricevuto il “rito sacro” ai vertici criminosi del battesimo. Non serviva e forse non serve più. Quel cancro della società chiamato comunemente ‘ndrangheta oggigiorno, sempre più spesso, come dimostrano le ultime inchieste giudiziarie, si avvale di uomini dalla forte vocazione criminale.

Quella forte vocazione criminale e quel fiuto per la droga e per il commercio della stessa ne hanno contraddistinto l’esistenza. Eppure sembrava sparito dai “radar” così come scrivono diversi media cercando di capire i motivi che ci sono dietro un omicidio del genere. Dum Dum era malato terminale, aveva un cancro al polmone.

COME IN UN FILM
Eppure l’hanno ucciso. Sparato alla testa e poi un colpo a terra mentre ormai era inerme, come si fa – nei vertici criminali – a chi non si fa gli affari “propri”. Stava andando al bar della piazzetta centrale di Buccinasco, come faceva tutte le mattine nelle sue due ore di libera uscita concesse dal giudice.
Gli inquirenti e i mezzi di informazione, nel cercare spiegazioni in un omicidio da film, cercano di rimarcare un po’ le dinamiche e la geografia a stampo criminale, più precisamente a stampo ‘ndranghetistico che colora il Milanese, terra di bellezza e di innovazione, ma anche di sangue e malaffare. Perché, si sa, tutto il Mondo è paese.

L’hanno ucciso come in un film. Le telecamere cittadine – con le immagini di registrazione in mano agli inquirenti – hanno ripreso due killer a bordo di una moto uccidere Salvaggio. Per poi darsi alla fuga. È così che fanno i killer, uccidono e fuggono via, Come in un film.

Eppure non era e non è un film. Non c’è lieto fine, anzi, tutt’altro. Perché uccidere un’ex boss della droga malato terminale? Cosa c’è dietro questo omicidio? È già in un atto una guerra di ‘ndrangheta? Una guerra tra clan? Sono domande che ci poniamo ma alle quali, RealisticaMente parlando, è difficile trovare risposte e su questo stanno lavorando gli inquirenti.

LONTANI MA VICINI

Da Buccinasco in Provincia di Milano a Platì in Provincia di Reggio Calabria ci sono più di 1260 chilometri. Una distanza enorme, direte voi. Eppure, RealisticaMente parlando, le distanze negli anni si sono assottigliate sempre di più tanto da far sentire le due comunità – così come accaduto negli anni ad altri importanti comunità del Nord Italia – sempre più vicine, in una perfetta contaminazione di accendi.

C’è chi, al risotto e alla cotoletta alla milanese ha voluto aggiungere anche un po’ di ‘nduja. E che c’è di male direte voi? Niente, assolutamente niente. Ma questa è semplicemente una metafora che manifesta – qualora ce ne fosse ulteriormente bisogno – di come le mafie, e la ‘ndrangheta in particolare, riesca a contaminarsi nei contesti storici sociale.

E la ‘ndrangheta a Buccinasco, così come in tutta la Lombardia, non è un prodotto locale calabrese. No, non lo è. Perché se si ricostruisce – così come ha ben fatto anche FanPage in questo articolo – il curriculum criminale di Dum Dum ci si accorge di come egli fosse associato al pericoloso clan dei Barbaro-Papalia di Buccinasco.

COME UNA PIOVRA . . .
I tentacoli di una piovra che vuole prendersi tutto, anche e soprattutto il “ricco Nord Italia”. L’ultimo rapporto della Dia relativo al secondo semestre del 2020 ha evidenziato questo aspetto: di come le mafie e in particolare la ‘ndrangheta sia sempre più “locale” nel Nord Italia.

Una nuova geografia criminale che cambia e si colora sempre di più. Buccinasco è denominata la Platì del Nord anche per gli affari e gli accenti reggini che, girando per le vie del comune dell’hinterland milanese, si sentono. Ma forse fanno poco rumore perché, ormai, grazie alla globalizzazione tutto il mondo è paese.

Eppure la mafia canta e fa cantare. Sono sempre di più, infatti, i neomelodici che cantano le canzoni del disonore invitati speciali a banchetti del Nord Italia. Canzoni d’amore stonate e rintonate alla vecchia maniera, perché le mafie cambiano, ma i riti “quelli sacri” non cambiano, purtroppo, mai!

Tra interdittive e amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione criminali, la “silente” ‘ndrangheta si fa sempre più sentire e, ora, come accaduto lunedì scorso ha ripreso anche a sparare. E noi, comuni mortali, da che parte vogliamo stare? Scegliamo di gridare, di denunciare, perché anche l’altra parte della medaglia, grazie a quelli che la ‘ndrangheta la disprezzano e cercano di combatterla, non può e non deve starsene silente ma deve, RealisticaMente parlando, far rumore.