MORIRE DI GIORNALISMO


Made with love by Luca Giuseppe Murrone

SONO 50 I GIORNALISTI UCCISI NEL MONDO NEL 2020

Tra le vittime del 2020 – anno orribile sotto molti aspetti – ci sono anche tanti giornalisti. Sono, infatti, 50 i giornalisti uccisi nel mondo nel 2020 secondo quanto riferito da Reporter senza frontiere e ripreso anche dall’Ansa. Molti di essi fuori dalle cosiddette “zone di guerra”. Il giornalismo non è solo fakenews. È anche questo, purtroppo.

“Avete fatto una scelta folle ma questo, a mio avviso, è il mestiere più bello del mondo”. Sono queste le parole che, nel mezzo della mia già forte convinzione, mi hanno spinto a percorrere questo folle viaggio nel mondo del giornalismo.

A pronunciare queste parole nel 2017, davanti ad una platea di attenti studenti e sognatori del corso di Laurea Magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale, è stato il Prof Gabriele Balestrazzi, da molti anni in questo fantastico mondo del giornalismo.

Il giornalismo, però, non è un mestiere per tutti e inseguire questa strada, nell’era di internet e dei social “che hanno dato diritto di parola agli imbecilli”, diventa sempre più difficile. Anche i sogni di molti folli sognatori, spesso, rimangono solo e stupide utopie.

RealisticaMente parlando, però, il giornalista – seppur decretato dal Prof di chi scrive come “mestiere più bello del mondo” – è davvero un mestieraccio. Ma non solo in Italia, ovunque, nel mondo.

Spesso i giornalisti fanno riferimento ai dati, ai numeri e alle statistiche. Ci sono dati, però, che devono far riflettere e sono quelli che parlano di morti ammazzati. Ma non sottovalutiamo anche altri dati. Sono tantissimi, infatti, i giornalisti o aspiranti tali che, quotidianamente, ricevono minacce ed intimidazioni solo perché vogliono provare a fare bene il loro lavoro.

Non è tutto oro quello che luccica, però. Perché? Perché ci sono anche tanti giornalisti che non fanno – come dovrebbero – il loro “mestieraccio”. Molti sono asserviti al potere – che sia esso politico nazionale o locale – ed altri, invece, sono asserviti al potere, quello mondiale, quello che fa più male: quello criminale.

Di giornalismo si vive e si muore, ogni giorno. Si muore nelle redazioni sole e spoglie dove vengono prodotte ogni giorno migliaia di copie che, tanto, nessuno legge. Quando, però, qualcuno prova a scrivere fatti veri e certificati che potrebbero urtare la sensibilità di qualcun altro allora, lì, nel bel mezzo della palude, tutti sono lettori acculturati.

La cultura, forse, rende liberi ma c’è anche chi, dall’alto del proprio potere, con la cultura ci scherza e quando può la infanga. Sono tantissimi, infatti, i tagli alla cultura che sono stati fatti nel corso degli anni e i sogni di molti folli sognatori che vorrebbero fare questo “mestieraccio” diventato meno reali e meno concreti.

L’Italia non è un Paese per giovani, questo è noto. Anche il Coronavirus è arrivato, ormai un anno fa, a darci una mazzata pesante e a farci capire che, forse, “non andrà tutto bene”. Eppure se si vuol continuare a vivere per informare bisogna sempre far i conti con la realtà, anche se essa spesso è crudele. La gavetta, nel mondo del giornalismo, sembra non esistere più ma non sempre è così. Esiste eccome ma proprio perché si sta facendo gavetta non si valorizza a pieno il talento di un “folle sognatore” che, spesso, preso dallo sconforto, mira per altri lidi.

Se i numeri sono importanti e fondamentali per chi vive per informare, occorre precisare che i dati Istat nel 2019 disegnano un quadro scoraggiante per i giovani italiani. Lo stipendio medio per un under 30 italiano, infatti, si aggira attorno agli 830 euro e sappiamo tutti, RealisticaMente parlando, che la pandemia ha peggiorato le cose.

Ma anche il guadagno medio del giornalismo, non se la passa di certo bene e, in questo campo, non si parla solo di numeri rilevanti per gli under 30. C’è tutta una categoria a rischio, non solo nelle redazioni locali ma anche nelle grandi redazioni nazionali.

Le collaborazioni giornalistiche, a molti giovani aspiranti, vengono retribuite pochissimo. Ci sono anche testate che, con la scusa di far fare gavetta a giovani “folli sognatori” danno solo pacche sulle spalle e nemmeno un misero bonifico. E anche in questo contesto, si rischia di morire di giornalismo.

Nel mondo si muore di giornalismo e, spesso, lo si fa anche e soprattutto perché si ama questo folle “mestieraccio” che è sempre attaccato, criticato, abusato e deriso da chi, avendo eseguito la laurea “all’Università della vita”, dice che tanto i giornalisti son tutti falsi.

Ci sono anche molti giovani che, prendendo d’esempio alcuni idoli che dicono che “tanto studiare non serve a niente”, ammettono di non aver fiducia nei giornalisti.
E tornando ai numeri, questi affermano che molti italiani non capiscono ciò che leggono. Preoccupante, vero? Ma accade anche questo.

Quale potrebbe essere la via giusta per non morire di giornalismo? Occorrerebbe, forse, rinegoziarsi tutti. Riprendere in mano carta e penna, i propri taccuini e avere leggi che tutelino maggiormente chi, con forza e sacrifici, vuole continuare a fare quello che, non solo secondo il Prof Balestrazzi, è ancora “il mestiere più bello del mondo”. È possibile questo? Chi lo sa, intanto, RealisticaMente parlando, noi giovani folli sognatori continuiamo a scrivere – tenendo bene la schiena dritta – sempre e solo la verità.