In Siemens, lo smart working fa scuola

Di Matteo Murrone
Arrivato l’accordo sindacale con tutte le firme delle maggiori sigle sindacali, dopo sei anni di sperimentazione parziale, dello smart working. Si avete capito bene, sei anni. Dal 2018 diventa la normalità per tutti i 2.000 dipendenti ( impiegati). Nello specifico per questi non c’è l’obbligo di timbrare il c.d. “cartellino” in entrata e uscita, ma possono lavorare da casa o altrove è il misuratore della valutazione della perfomance non è in giorni o in ora, bensì la fissazione di obbiettivi precisi che puoi svolgere anche non dall’ufficio, con successivo controllo del risultato. Un caso che fa scuola perché questo strumento di lavoro agile è esteso a tutti i dipendenti. Quindi il dipendente si sente più motivato e più auto-responsabile, perché lo stesso può portare i bimbi all’asilo o svolgere altre attività, senza dover ricorrere a “sacrifici” temporali, che impediscono molte volte di non essere presenti in ufficio e prendersi ore di permesso. Con questo progetto si sancisce l’autonomia di svolgere il proprio lavoro, purchè logicamente, si arriva a quel famoso obbiettivo da raggiungere di cui ne parlavo qualche riga più su. Quindi massima organizzazione flessibile e piena autonomia per lavoratore/lavoratrice. Ovviamente non riuscire a raggiungere l’obbiettivo non implica sanzione ma evidentemente esiste qualche problema e allo stesso tempo ci saranno dei premi per chi addirittura supera il traguardo da raggiungere. Ora in Siemens si segnala un cambio di rotta e di tendenza al lavoro di ufficio che porta inevitabilmente a dare maggiori responsabilità e miglior controllo sugli obiettivi da raggiungere da parte del lavoratore. Ancora una volta è la partecipazione impresa e sindacati che “regalano” questi accordi che in un certo senso riescono a tracciare una linea ben definita che il lavoro è cambiato e si dirige sempre di più verso queste organizzazioni flessibili del lavoro.