Il Giardino dell’immoto venare


di Gian Franco Murrone

Se un angelo ti abbraccia
tu lascia che lo faccia
concede alla tua testa di svenire
lievemente su di sé.

Quel pulviscolo che invade la stanza,
l’ammanta senza alcuna remora
circonfonde i raggi dei suoi sguardi e lì
ritrova un approdo metafisico

madido di parole e prodigi
graffia l’aria che compita nostalgia;
il fregio steso sull’epa
rincara Afrodite che si lega a Venere.

Ambascia sorseggia a tratti il respiro
incornicia la serenità su tela porpora
la guarda negli occhi e sussurra
il suo dolce delineare l’infinità;

il frusciare del suo vestito, porpora
è quasi bello che gli rassomiglia,
nessuna difficoltà, sposala tu
che ti concede l’eternità.

Riguarda la bellezza, ovunque
un indefesso serpeggiare di ombre
le risponde con pagana ritualità:
circonfusa si allontana…
… è tutto più speciale sai?

Lui la osserva nel suo fluire
nel suo allontanarsi pacato e assorto
il suo ipnotico e lieve adagiarsi lo scialba
e ora la commozione fa la sua comparsa:

una lacrima gli sbocca dal petto
una rossa e agrodolce lacrima che invade la sera
la intinge di nulla e solca spazio e tempo, è un girotondo lento
lento il suo sguardo, in un carezzevole involucro
……….. si concede al fascinoso sepolcro.