DIAMANTE DI PIETRA

di Gian Franco Murrone

Respiro le tue parole che vorticosamente mi doni
costeggio le notti di metallo che mi hai regalato
lasciandomi strano e un po’ più vigliacco.

Non so più camminare
e l’imbrunire ha già segnato i suoi confini
la pallida stella violenta l’ombra che un tempo svanì.

La tua tenerezza sola e assopita impera e divide
e ruota notti che il metallo disdegnò
fra i motori spenti di macchine giganti.

Se sbaglio non piangere
poi la finestra, testarda si aprì
un torbido sguardo mi separò.

Risi e compresi che le mani avevano pensato
E chiedendo in un muto bisbiglio
credetti di affogare

Ti chiedo ancora una volta se mai nessuno ci ha già separati
Se mai nessuno ci vorrà separare
Se ai miei piedi l’altare canta feste e balli nuziali

O io vorrò che funerei accenti rimbombino le mie membra.