Calcio, specchio riflesso di una società malata

Made with love by Luca Giuseppe Murrone

Doveva essere un boxing day celebrativo per portare più gente negli stadi e far vedere, alle famiglie italiane che il calcio- come dice un famoso slogan della Serie A– è davvero di chi lo ama.
I fatti di cronaca, però, purtroppo parlano di altro. E fanno rabbrividire.

Un morto, 4 feriti. Sembra il bilancio di una guerra o di un attentato. No, purtroppo, è solo il triste bilancio di scontri prima di una partita di pallone tra due tifoserie.

Doveva essere un giorno di festa, dove ci si vede, seguendo il modello inglese, le partite di calcio in famiglia. Chi poteva e voleva, ovviamente, si recava proprio allo stadio.

Tafferugli, risse, scontri sono degenerati in feriti e una vittima. Si tratta dell’ultra dell’Inter Daniele Belardinelli che, come scrive l’Ansa, è stato investito da un suv prima dell’inizio del posticipo di serie A tra Inter e Napoli, terminato con il risultato di una rete a zero a favore dell’Inter.

Questa volta, però, ci tocca parlare di altro che con il calcio non ci azzecca nulla, o meglio non dovrebbe azzeccarci nulla. Un’altra nota negativa la troviamo negli ululati razzisti e beceri, provenienti dalla curva dell’inter nei confronti del senegalese giocatore del Napoli Koulibaly.

@kkoulibaly26

Nonostante le principali federazioni calcistiche di tutto il mondo, ormai, si dissociano e condannano questi gesti, ciò che, anche mercoledì 26 dicembre, è successo nei confronti di Koulibaly ha dello scandaloso.
E state certi che, purtroppo, il gigante buono del Napoli, non è il solo ad essere preso di mira dagli imbecilli e coglioni in ogni partita.

Per questo motivo il Giudice sportivo ha condannato l’inter a due partite a porte chiuse, più una giornata con curva senza spettatori. Una sentenza, questa, che ovviamente ha suscitato diverse reazioni dal mondo social. Molti, infatti, si chiedono se è davvero così che si risolve questo fastidioso e grave fenomeno. RealisticaMente parlando, mi viene da dire di “NO”.

Quando si tratta di praticare ignoranza e deficienza, l’italiano, spesso, è al primo posto. La cosa grave, però, è che in Italia si muore ancora per un pallone. Come se si fosse in guerra.
La cosa sulla quale dovremmo tutti riflettere, anche, è che, RealisticaMente parlando, questi imbecilli la partita nemmeno se la vedono. Non gli importa il tifo, il risultato, ma solo essere superiori agli altri.

La società nerazzurra nella giornata di giovedì 27 dicembre si è dissociata, mediante un comunicato stampa, dalla triste vicenda degli ululati razzisti dichiarando che “chi non rispetta la nostra storia, non è uno di noi”.

Personalmente, pratico gli stadi per lavoro come steward da diversi anni ormai. Ogni volta che esco da un servizio mi rendo conto di come la degenerazione della società possa essere rispecchiata negli “esseri” che ogni domenica inquinano le curve degli stadi da Nord a Sud. E non importa se si gioca contro la Juve o contro il Cagliari, lo sfottò ridicolo del “noi non siamo napoletani” vince, purtroppo, sempre.

Accertare le cause della morte dell’ultra dell’Inter, spetta, ovviamente alle indagini della Magistratura. Una cosa va detta, però. È chiaro che, in questi casi, c’è da imparare, nel vero senso della parola, dal nuovo modello inglese.

In Inghilterra, però, hanno dovuto aspettare anni prima che le nuove leggi entrassero in vigore, dove, se sbagli ti sbatto in galera e lì ci stai per un po’. Oggi, prendere un daspo in Italia sembra quasi un motivo d’orgoglio ma quanto tempo dobbiamo aspettare ancora affinché qualcosa possa cambiare?

Quanto tempo dobbiamo aspettare ancora affinché, non dobbiamo vergognarci di essere italiani e amare il calcio, quello vero fatto di sudore e fatica? Perché, cari amici, se sentite un bambino che in curva grida, incitato dal suo papà “mestiere di merda il carabiniere” io ho seriamente paura della deriva di questa società. E voi?