CALABRIA, IL NAUFRAGAR (non) m’è dolce in questo mare

Made with love by Luca Giuseppe Murrone

naufragio
Olio su tela di Joseph Vernet

I calabresi sono RealisticaMente parlando Cotti(celli) da questa ennesima figuraccia che macchia una Regione che di problemi ne ha abbastanza.
Eppure la Calabria continua ad essere “capro espiatorio” di un malessere gestionale nazionale che dura e perdura da anni e anni.

Si è dimesso, su consiglio del ministro della salute Roberto Speranza, Giuseppe Zuccatelli, il commissario straordinario della sanità calabrese, successore del tanto criticato e dimissionario – dopo la sua uscita pubblica in un’intervista giornalistica – Saverio Cotticelli.

Sono tanti i “papali” successori del dimissionario Zuccatelli. A pochi minuti dalla notizia ufficiale, infatti, a prender balzo è il nome di Eugenio Gaudio, calabrese di 64 anni e già rettore della Sapienza.
Servirà, ovviamente, un po’ di tempo per capire e cercare di vedere un possibile spiraglio di luce su questa (triste) faccenda che sta stancando, parecchio, i calabresi.

La sanità calabrese, da anni ormai, naviga e sprofonda letteralmente in diversi commissariamenti e a pagarne le spese sono proprio i cittadini che, oramai, si rifiutano spesso anche di fare semplici esami di routine nei nosocomi regionali.

La Pandemia in corso d’opera ha tagliato le gambe – qualora ce ne fosse stato maggiore bisogno – alla già povera e disperata sanità calabrese che, detta come va detta, è commissariata da anni per diversi motivi: tra i quali anche i forti legami che le aziende ospedaliere hanno instaurato e continuano ad instaurare con clan legati alla malavita. Ma si sa, quando c’è un po’ di potere in mezzo, il malaffare e la ‘ndrangheta in particolare prova a trarne ricchezza. Ma questo è un capitolo a parte.

Il Covid19 con la conseguente dichiarazione del Dpcm scorso che ha messo la Calabria nella zona rossa e quindi a rischio massimo ha posto diversi interrogativi legittimi a tanti curiosi, analisti, scienziati, imprenditori e semplici cittadini.

Ma anche se per il cittadino medio “il Covid è solo un’invenzione” e “i giornalisti sono tutti terroristi” sono stati proprio alcuni mezzi d’informazione a cercare di far un po’ di luce nell’oscurità generale che incombe sulla sanità calabrese.

E da quell’intervista a Titolo V […] si sono capite molte cose ma se “errare è umano, perseverare è diabolico” e i calabresi sono stanchi e cotti(celli) di vedere degli errori.

E dopo questa intervista è aumentato l’imbarazzo calabrese e anche quella giusta e sempre lecita indignazione.
A susseguire, quindi, a Cotticellli è stato Giuseppe Zuccatelli che, forse anche il momento non semplice, ha messo poco tempo per finire in altrettante polemiche e per crearsi attorno un ciclone mediatico con la sua frase – certamente non degna di un commissario della sanità – “per contagiarsi serve un bacio in bocca”.

Polemiche, indiscrezioni, rabbia e insofferenze generali. Sui social è rimbombata la voce di chi voleva le pronte dimissioni dello stesso Zuccatelli che, però, ha provato nei giorni scorsi alla sua nomina a rimediare a quel suo errore comunicativo, degno di un negazionista qualsiasi.

Zuccatelli si è fatto negativamente ricordare dai calabresi, in queste ore, anche per il suo non volersi esplicitamente dimettersi. Ha dichiarato, infatti, “Non mi dimetto spontaneamente, ma se mi verrà chiesto, un secondo dopo lo farò”. La richiesta è avvenuta e così Giuseppe Zuccatelli di Cesena non è più il commissario della sanità calabrese.

E le polemiche, ovviamente, hanno superato i confini regionali fino ad interessare quelli governativi tanto da interpellare anche il ministero della salute e in prima persona il ministro Roberto Speranza.

Speranza di nome e di fatto per una situazione che i calabresi sperano di veder risolta al più presto ma, utopie a parte, la voce grossa del ministro è stata la classica gocciolina che ha fatto traboccare il vaso e Zuccatelli ha rassegnato le proprie dimissioni come riporta Lacnews24 [].

Ma per i calabresi, cotti(celli), indignati e non ancora del tutto rassegnati, tiene banco un altro (ennesimo) problema.

È notizia, infatti, della scorsa settimana che in Calabria sono in arrivo ben 4 ospedali da campo per l’emergenza Covid. A comunicarlo per mezzo stampa è stato il Presidente facente funzione della giunta regionale calabrese Nino Spirlì. Una notizia che potrebbe far tirare un sospiro di sollievo a molti ma che ai calabresi, cotti(celli), indignati e non ancora del tutto rassegnati, fa ancora maggiormente indignare.

“Sono orgoglioso del risultato raggiunto. È una situazione che garantirà copertura sanitaria anche in quei territori sprovvisti di presidi anti- Covid” ha dichiarato alla stampa Nino Spirlì dopo, appunto, aver comunicato l’arrivo dei quattro ospedali da campo che saranno ubicati rispettivamente a Cosenza, Crotone, Vibo Valentia e Locri.

RealisticaMente parlando, però, in Calabria sono tantissime le strutture ospedaliere chiuse e collassate da tempo. Come fantasmi lungo la Statale, si vedono queste strutture che – capitali nel deserto – si immischiano ai fichi d’india e gli ulivi lungo la ferrovia e ai fiori celebrativi dei morti ammazzati lungo la 106.

Non era, forse, il caso di riaprire (o almeno provarci) le strutture già presenti e togliere per lo meno quel rosso che dovrebbe essere solo accomunato al buon vino e al peperoncino che in Calabria hanno casa?
Domande legittime alle quali forse mai avremmo una reale e realistica risposta.

La differenza tra Nord e Sud ormai – grazie alla globalizzazione e contaminazione di accenti – si è assottigliata ma il – Meridione e la Calabria in particolare continua a “naufragare in un mare che non dovrebbe bagnare questo angolo di paradiso, eppure lo bagna. È il mare della rassegnazione, della mala gestione, dell’improvvisazione. E i calabresi sono Cotti(celli) da questa storia perché – diciamola tutta – il naufragar non m’è dolce in questo mare.