Bolt, l’umiltà di un campione


di Luca Giuseppe Murrone

Dalla Giamaica con furore correndo alla velocità della luce, nel vero senso della parola.
Un solo nome, un personaggio simbolo che indica che i sogni, se ci credi fino in fondo, spesso diventano realtà.
Da bambino correva scalzo lungo le vie del suo paese, adesso, da un po’ di anni è diventato testimonial di brand che producono scarpe.

È proprio vero, quindi, che se ci credi fino in fondo, i sogni, spesso diventano realtà.
Questa è la bella storia, prima umana e poi sportiva, di un campione: Usain Bolt.

All’età di quasi 31 anni, il campione giamaicano che ha battuto ogni record della velocità nelle sue discipline olimpiche e mondiali, ha annunciato il ritiro.
Certo, niente di male, dopo aver vinto tanto e, soprattutto, dopo aver ottenuto il record mondiale per il genere maschile nei 100 metri piani, “volando” a 9”58.
Sabato 5 agosto, il campione giamaicano ha gareggiato nei mondiali di atletica a Londra per la sua ultima volta in carriera e proprio perché era l’ultima volta, l’esito ottenuto non è stato quello che tutti (Bolt in primis) speravano.

Il campione si è dovuto, infatti, inginocchiare al suo rivale storico, l’americano Justin Gatlin che ha corso i cento metri in 9 secondi e 92 centesimi e al promettentissimo 21enne americano Chris Coleman che ha impiegato 9”94, un secondo in più di Usain Bolt che si è aggiudicato il gradino più basso del podio.
Era invincibile ma per l’ultima volta, il miglior velocista al mondo ha fatto vedere qualche lacuna, ha dimostrato, per una volta (l’ultima, appunto) di essere fragile, perché a volte si può e si deve fallire.
Imparare dai fallimenti, come ricorda in questo articolo pubblicato su realisticamente da Andreas Procopio, è cosa buona e giusta e uscire di scena, dopo che hai vissuto una carriera sportiva caratterizzata da record su record, diventa ancora di più una cosa buona e giusta.

Una famosa canzone italiana sottolinea che “uno su mille ce la fa” e Bolt ce l’ha fatta eccome. Ha ottenuto, infatti, quello che un bambino che correva scalzo in un paese poco sviluppato, non pensava mai di ottenere. Eppure eccolo qui, dopo la, comunque dolorosa, sconfitta che ha fatto capire che anche i migliori spesso e volentieri falliscono, Bolt non ha dato segnali di rivincita, ha abbracciato il “nemico storico” e ha ribadito che, seppur la delusione per com’è finita la sua carriera, lascia il mondo agonistico dell’atletica.
A volte, quindi, si può e si deve anche fallire, è questo ciò che ti rende un vero campione.
Bolt lo è stato e lo sarà sempre.