di Luca Giuseppe Murrone
In Italia viviamo di ricordi e memoria, specialmente di memoria di persone che per noi italiani sono simboli di questa nostra patria.
C’è chi, però, questi simboli li vede, ancora oggi a distanza di anni dalla loro scomparsa, come qualcosa da eliminare definitivamente.
È di qualche giorno fa, infatti, una bruttissima notizia di cronaca che documenta degli atti vandalici ai danni di una statua in omaggio a Giovanni Falcone.
Il fatto, molto grave, è accaduto proprio nella città di Palermo, dove da anni, purtroppo, la mafia ha il marchio dop.
In Italia, ormai, il marchio dop della malavita ce l’hanno quasi tutte le regioni ma il punto non è questo, il punto è capire che, nonostante c’è chi, quotidianamente, rischia la vita per tutelarci e continua a ribadire che bisogna stare dalla “giusta parte” ci sono sempre, in questo paese, cattivi esempi di vigliaccheria pura.
Voler infangare l’immagine di un martire di giustizia come Giovanni Falcone, nella città di Palermo, a pochi km dove proprio lui fu ucciso con la moglie e i tre uomini della scorta in quel terribile 23 maggio 1992 è davvero un atto che fa notizia.
Invece di omaggiare quotidianamente chi ha dato la sua stessa vita per noi, vivendo al “buio” e sotto scorta per rendere questo Stato un po’ più pulito da “quella montagna di merda” ci sporchiamo le mani permettendo addirittura di infangare la loro immagine.
Sono stati, in realtà, due gli atti vandalici contro il magistrato Falcone ma la cosa che può sembrare più triste e che dovrebbe farci riflettere maggiormente sulla gravità del gesto è che la statua di Falcone distrutta era posizionata davanti ad una scuola.
Scuola che, si è detto più volte, dovrebbe essere uno dei primi strumenti di contrasto al diffondersi delle mafie.
La scuola, oggi, che funzione ha? Riesce veramente nel suo intento di formare testimoni di legalità? Si, è vero, gli insegnanti fanno di tutto per portare gli studenti dalla -famosa- giusta parte ma purtroppo non sempre la cultura scolastica vince sulla cultura mafiosa. E in questo caso, purtroppo, ancora una volta, ha vinto la seconda.
In un recente articolo pubblicato su realisticamente.it si parlava, appunto, di cultura del Boss in Calabria, ma è importante sottolineare che il famoso culto non è solo in Calabria ma ovunque regna (sovrana) la mafia.
Oggi, più che mai, si sta raggiungendo la totale rassegnazione, specialmente, nel profondo sud, in particolare a Palermo, dove,attualmente, si sta vivendo una fase espansiva dell’attività mafiosa ma c’è, anche, per fortuna, chi è pronto a ribellarsi a questa montagna di merda.
Oggi, più che mai, infatti, è importante ribadire che seppur la mafia è viva e vegeta, dall’altra parte- nonostante comunque lotte interne tra diverse associazioni- c’è chi è pronto a difendersi perché bisogna essere capaci di sconfiggerla e “non riusciranno ad uccidere, mai, la memoria”.