“Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore”! È vero, RealisticaMente parlando. De Gregori ha ragione nel dire che il calciatore non si giudica da questi particolari. Ma quel calciatore, anzi quella leva calcistica della quale canta il cantautore c’era una volta e adesso non c’è più.
Di canzoni da “una vita da mediano” alle famose e indimenticabili “Notti Magiche” tutti noi ne abbiamo cantate. Fanno parte, però, di un passato che ha il sapore nostalgico e malinconico di vecchi ideali quali il romanticismo fra tutti che questa nostra era forse non celebra più.
E se Sky Italia decide di celebrare una delle più vecchie bandiere del calcio italiano e mondiale con tanto di serie tv e film sulla sua vita, significa che forse qualcosa è cambiato e quindi abbiamo bisogno di ricordare e celebrare calciatori come Francesco Totti, sempre fedele alla sua “lupa” per ricordarci di simboli e bandiere del gioco del calcio che c’era una volta e adesso non c’è più.
TUTTO FA BUSSINESS
Ma se analizziamo bene il prodotto cinematografico della serie di Sky Original che ripercorre la vita calcistica di Francesco Totti dal titolo “Speravo de morì prima” possiamo trovare, sicuramente, fattori che distaccano un po’ la mente dal concetto generalizzato di calcio romantico.
È vero, occorre ribadirlo. Francesco Totti è stato una delle più celebri bandiere del nostro calcio, capace di rifiutare tentazioni “galattiche” per restare a Roma dove, ancora, i tifosi giallorossi lo venerano e lo adorano come se fosse un gladiatore, un imperatore.
Eppure sulla vita calcistica del “Pupone” c’è una serie televisiva a testimonianza di come, anche quel lato romantico e celebrativo possa e – soprattutto – deve diventare business. Anche Totti, infatti, non fa parte più ovviamente della leva calcistica del ’68 ma, comunque, non è nemmeno un “calciatore millenial”, anzi.
E la tv decide di puntare su questo per vendere. Per far conoscere, ancora di più, mischiando il reale con la fiction la vita di un calciatore che è e sarà sempre visto, soprattutto nel mondo moderno, dove non esiste più il dio del calcio ma vince e governa il dio denaro, come un prodotto da vendere.
SUPERLEGA E TANTI SOLDI . . .
Per ogni cosa che succede, c’è sempre un pro e un contro. Ci sono sempre stati. Eppure il calcio, da decenni ormai, non naviga in buone acque e se dovessimo trovare un titolo di un film da dare a molte società sportive potremmo, tranquillamente, dargli “Profondo rosso”.
Ebbene sì, il profondo rosso equivale a debiti su debiti di società sportive e calcistiche in particolare che non pensano più alla fede dei tifosi in primis ma mettono sempre al centro i propri interessi. Oggi il calcio costa una marea di soldi e l’effetto Superlega che sta suscitando un terremoto sia politico che calcistico non dovrebbe sorprenderci più di tanto.
Il calcio che tutti noi conosciamo dovrebbe essere sudore e fatica ma oggi molti ragazzini non hanno più bisogno di calciare “calci di rigore” per sentirsi appagati, realizzati. Ragazzi tatuati che già all’età di 20 anni si sentono maturi e pronti a bussare alle porte dei propri procuratori per chiedere soldi, soldi, soldi.
Il calcio, purtroppo, RealisticaMente parlando, oggi, è solo e soltanto una questione di soldi. Lo sanno bene le società che hanno scelto di aderire al progetto della Super League che, di conseguenza, ha smosso un polverone assurdo creando dubbi e perplessità e minacciando anche seri provvedimenti dai vertici federali del calcio che, ad oggi, conta eccome.
Anche il Presidente del Real Madrid, Florentino Perez – come scrive la Gazzetta dello Sport ha voluto dire la sua sulla fondazione di questo progetto ambizioso dove girano davvero tantissimi soldi in ballo ribadendo che “Se non guadagniamo noi muore il calcio”.
IL NOSTRO CALCIO
Se il “Profondo Rosso” regna sovrano, le società del nostro calcio come Inter, Milan e Juventus devono pregare e appellarsi ad invocare un dio che, quando lo chiami in causa, sa rispondere presente. Stiamo parlando, ovviamente, del dio denaro che, in accordo, con altre società europee ha deciso di far nascere una nuova sfida europea, internazionale e “attraente” dal punto di vista dello spettacolo.
Ma siamo sicuri che la Super League sia davvero uno spettacolo? Siamo sicuri che il calcio che vogliono loro, che decidono sia davvero lo spettacolo che i tifosi – quelli veri e non coglioni violenti – sia davvero solo soldi, soldi e soldi. Esistono ancora le bandiere? Esistono ancora quei valori del “lottare tutti insieme fino al 90esimo”?
La pandemia in corso, con gli stadi chiusi, ha dato davvero una mazzata bella pesante alle tasche delle società calcistiche che hanno perso in totale diversi miliardi di euro. Ecco, perché, anche se RealisticaMente parlando può peccare di mancanza di romanticismo questa decisione, forse può essere quella giusta.
C’era una volta il gioco del calcio che era sudore e fatica, oggigiorno è spettacolo, business e soldi. Sono cambiati i tempi e i contesti. Siete disposti a continuare a vederlo?