Si ringrazia Lorenzo Russo videomaker
Made with love by Luca Giuseppe Murrone
Proteste e un buio incombente ne sono derivate. Ma quando è buio, si sa, che è più facile far emergere la luce. Il collettivo “Le Lampare Bassojoniocosentino” si è formato così, per tenere accesa una luce di speranza e dare liberamente voce ai diritti: uno tra questo, il più importante, è quello alla salute.
Dal 2010 al 2021, “Le Lampare Bassojoniocosentino” non hanno mai abbassato la voce e con coraggio e convinzione – a nome di tanti, tantissimi cittadini – hanno continuato a ribellarsi ad una vergogna senza precedenti. Perché, diciamola bene, chiudere un’ospedale e il Pronto Soccorso – l’unico con accesso diretto dalla Statale – è un grave danno per una comunità e per il turismo.
Di subire gravi danni che hanno influenzato l’evoluzione della terra che un tempo era di Magna Grecia, i calabresi per bene sono stanchi. Con il triste evolversi della pandemia da Coronavirus, si sono intensificati i danni alla Calabria e il caos sanità – commissariata come quasi tutte le cariche pubbliche calabresi – ha provocato i suoi negativi effetti.
EPPUR (QUALCOSA) SI MUOVE . . .
È vero che, in questo periodo, essere “positivi” è sinonimo di star male ma, da quello che fanno sapere i ragazzi delle “Lampare” che, da circa 70 giorni ormai, stanno presidiando il Vittorio Cosentino di Cariati, uno spiraglio di luce in mezzo al buio pare esserci.
Troppo ottimisti questi ragazzi? Assolutamente no. Abbiamo intervistato per RealisticaMente Mimmo Formaro, 35enne cariatese e uno dei più attivi promotori di questa battaglia per il #dirittoallasalute.
«Rispetto al passato sembra che qualcosa, in positivo, si stia muovendo. Chiediamo fortemente che l’Ospedale di tutto un territorio e non solo dei cariatesi venga ripristinato e torni ad essere utilizzato come merita».
Alla battaglia di Mimmo e dei ragazzi delle Lampare ci uniamo fortemente anche noi, RealisticaMente parlando. Sono tanti i punti interrogativi che vorremmo mettere se dovessimo trovarci a parlare con chi, per anni, ha gestito “malamente” la cosa pubblica in Calabria.
Di anni ne sono passati e altri, forse, passeranno ma questa battaglia che riguarda tutti noi bisogna portarla avanti con convinzione e determinazione, affinché i “brogli” del passato non si commettano anche nel presente e futuro. Anche perché, secondo Mimmo Formaro e i ragazzi del collettivo Le Lampare qualcosa “eppur si muove”. Speriamo.
LA STRUTTURA ANCORA FUNZIONALE E FUNZIONANTE
Facendo un salto nel passato che si rispecchia indubbiamente nel presente attivo, però, basti pensare a come i ragazzi delle Lampare e altri tantissimi cittadini hanno bloccato, addirittura, la Strada Statale 106 per protestare contro questa “folle” chiusura avvenuta nel lontano 2010.
Ad andare a parlare con chi, al freddo e al gelo, rivendicava ininterrottamente il diritto alla salute, sono stati in parecchi dai politici ai politicanti ma quella struttura adibita ad Ospedale è rimasta la cattedrale nel deserto che è tuttora. Anche se questa “cattedrale nel deserto” ha ancora tutto per svolgere la propria funzione di salvaguardare la salute dei cittadini.
Secondo la descrizione gentilmente fornita dal collettivo Le Lampare, possiamo dire che questa struttura, ancora oggi, “si presenta in buonissime condizioni di conservazione generale con impianti funzionanti e dove si svolge periodicamente l’attività di manutenzione. Nella struttura ospedaliera sono presenti, ancora oggi, un perfetto impianto di riscaldamento e una rete di distribuzione dell’ossigeno in tutte le stanze di degenza”.
C’è questo e ben altro nella struttura ospedaliera cariatese che era ed è tuttora funzionale e funzionante.
Questo è quanto ci riferiscono ancora Le Lampare:
«La struttura si sviluppa su 5 piani più un piano interrato raggiungibile con rampa carrabile. Tutti i piani sono collegati fra loro con scala centrale, due scale di sicurezza per ogni lato, due montalettighe e due ascensori».
TUTTO IN ORDINE MA NIENTE A POSTO
La struttura ospedaliera cariatese è all’avanguardia dal punto di vista della disponibilità ad assistere pazienti. Ma i pazienti mancano e mancano anche i medici. La struttura in sé c’è ma non c’è, al momento, la volontà politica e governativa, di metterla a posto, farla tornare a “lavorare” per il bene di tutti.
8000 metri quadrati di struttura che si lascia abbandonare a se stessa ma non del tutto perché, nel magna magna generale, c’è chi prova a resistere, a combattere e a rivendicare quel diritto alla salute che è necessario in una terra fin troppo martoriata dalla “mala gestione”.
C’è un piano seminterrato accessibile con una rampa. Questo è occupato da locali di servizio quasi completamente vuoti. Qui trovano spazio le ex cucine, ex lavanderie, magazzini, riserva idrica, gruppo elettrogeno e centrale termica”. Tutto in ordine e niente a posto.
Il piano terra , posizionato strategicamente a livello strada, è occupato attualmente dai cosiddetti Punti di Primo Intervento. Inoltre, vi sono altri 8 posti dialisi e un laboratorio analisi.
Questo laboratorio analisi è stato nel tempo declassato a semplice punto prelievi ma permane la struttura e la strumentazione efficiente.
Sempre al piano terra, inoltre, si trova la radiologia dell’ospedale. Qui sono presenti e funzionanti tutte le apparecchiature necessarie. Ci sono 5 tecnici ma nessun medico. Ad esempio per i referti di una semplice lastra che un cittadino effettua a Cariati, deve aspettare l’esito del medico presente in un’altra struttura ospedaliera. Non c’è, però, una Tac ma sono presenti ambulatori di ecografia ed endoscopia oltre a diversi altri locali a varia destinazione.
Salendo di piano, arriviamo al primo piano della struttura. Qui sono presenti 20 posti letto oltre ad un ambulatorio di cardiologia senza la presenza di un ecografo.
Al secondo piano c’è un reparto di degenza con spazi di servizio, 12 stanze per un totale di ben 22 posti letto tutti dotati di bocchettone di ossigeno. Qui, inoltre, si trova un blocco operatorio ristrutturato nel 2009, usato pochissimo e in ottime condizioni.
Al terzo piano della struttura, troviamo, invece, la stessa disposizione del secondo piano ma presenta anche una sala operatoria e sala parto di recente costruzione. Gli ultimi due piani, invece, hanno tutti i confort e tutte le caratteristiche necessarie per svolgere al meglio la propria funzione.
Nel secondo fabbricato della struttura ospedaliera che dà vista sulla Statale 106 sono presenti uffici amministrativi, ambulatori, medicina veterinaria e igiene pubblica. Questa struttura è composta da un piano interrato, piano terra ed ulteriori 3 piani per un totale complessivo di ben 5000 metri quadrati.
LA RABBIA DELLE LAMPARE
Tanti i dubbi e gli interrogativi che, quotidianamente, si pongono i cittadini che vedono ogni giorno la terra di Calabria ma, per fortuna, ci sono le Lampare che non si vogliono rassegnare e ci dicono: «L’Ospedale Vittorio Cosentino di Cariati aveva, nel 2008, 62 posti letto e costava al servizio sanitario regionale calabrese circa 7-8 milioni di euro all’anno. Il tasso di occupazione della struttura era dell’81,46%, a fronte di una richiesta minima del 75%, e i costi venivano interamente coperti da una produzione ospedaliera che riusciva addirittura a fa chiudere i bilanci in attivo».
Sono tantissimi i bambini che ogni anno nascevano all’ospedale di Cariati. Anche chi sta scrivendo questo articolo è classificato tra questi. Sul concetto delle nascite, le Lampare precisano:
«Il solo reparto di ostetricia e ginecologia, nel quale nascevano più di 500 bambini ogni anno, produceva DRG (raggruppamenti omogenei di diagnosi – unità di misura della produzione delle strutture ospedaliere) per oltre 1,5 milioni di euro. Il tutto con due medici e personale paramedico ridotto, con numeri ampiamente maggiori rispetto ad altre strutture della nostra Regione che avevano comunque a disposizione dotazioni organiche completamente diverse».
Non sono bastati, però, questi dati lodevoli – unici nel complesso panorama sanitario calabrese –
per non far chiudere il Vittorio Cosentino di Cariati. Ma chi l’ha presa la decisione e perché?
LE MOSSE SBAGLIATE DI GIUSEPPE SCOPELLITI
La politica dello scarica barile e del “la colpa è sempre degli altri” ha fatto chiudere l’Ospedale Vittorio Cosentino di Cariati. La decisione, però, in qualifica di commissario straordinario alla sanità calabrese, l’ha presa l’ex governatore della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Lo sfascio economico e politico provocato dall’ex sindaco di Reggio Calabria e poi governatore dei calabresi, è sotto gli occhi di tutti ma, ogni volta che si presentano le elezioni, qualcuno se ne dimentica.
A perdere la propria funzione di “tutela della salute dei cittadini” non è stato il solo Vittorio Cosentino di Cariati. In Calabria, infatti, nel solo 2010, sono state chiuse ben 18 strutture ospedaliere. Una decisione assurda, senza ombra di dubbio, basata su giochi di potere che non dovrebbero esistere. Eppure.
Da allora, il collettivo di Cariati ha provato ad alzare civilmente la voce, facendo occupazioni anche della 106 per cercare di rivendicare il diritto alla salute di quella terra. E forse occupare la Statale è stata una mossa giusta? Chi lo sa. Adesso Le lampare, insieme ad altri cariatesi, hanno scelto la battaglia dell’occupazione di quello che è il “loro ospedale”. Lo fanno perché ci tengono. Lo fanno perché sono figli di una terra fin troppo martoriata da un magna magna generale che atrofizza il sistema economico e produttivo della stessa.
Sulle mosse sbagliate di Scopelitti si sono espressi anche i ragazzi delle Lampare che – attraverso un comunicato – fanno sapere:«La scelta di Scopelliti ha lasciato il territorio senza alcuna copertura sanitaria e privò tutti i cittadini del nostro territorio (basso Jonio Cosentino, Sila Greca e alto crotonese) del diritto alla salute e alla cura sancito dalla Costituzione.
TANTI BLA, BLA, BLA, E ZERO FATTI
Nel corso di questo decennio di chiusure e offese ai cittadini calabresi, le passerelle politiche e istituzionali in Calabria sono state diverse. Sopratutto quando si avvicinavo le elezioni – che siano state politiche, regionali o amministrative – tornava di moda il tema “riaprire l’ospedale” come un qualsiasi slogan elettorale.
Ma passate le elezioni – come qualsiasi teatro che chiude il proprio sipario – l’Ospedale di Cariati, in questi dieci anni, è tornato ad essere il fantasma di sempre dove il silenzio faceva da contrasto alle grida di rabbia e riscatto delle Lampare e di tutti i cittadini cariatesi.
«Nessuno dei commissari governativi – continuano il loro sfogo i ragazzi delle Lampare – inviati dallo Stato in Calabria in questi 10 anni ha mai voluto sentir parlare di riapertura del nostro Ospedale. Tutti hanno messo sempre davanti a quel diritto i conti della sanità, che a dire loro, rappresentanti dello Stato, erano più importanti della vita delle persone».
Insomma, in dieci anni di buio – con la sola luce di speranza dei liberi cittadini e delle Lampare – si sono susseguiti un sacco di bla, bla, bla e pochissimi, se non zero, fatti reali e concreti. Non c’è stata, quindi, la volontà politica di impegnarsi in questa lunga e doverosa battaglia. Anzi, hanno cercato di avvantaggiare il “privato” fornendo, ogni anno, oltre 250 milioni di euro alle cliniche private della Regione Calabria.
UN SOLO PRONTO SOCCORSO
Ma voi ci siete mai stati in Calabria? L’avete mai percorsa la Statale? No? Allora proviamo a fare insieme questo viaggio, RealisticaMente parlando. La Calabria è bellezza e purezza ma anche rabbia e tristezza. Se percorrete la Statale, ad affiancarvi, trovate la bellezza del mare ma trovate anche tanti, fin troppi, fiori sui guardrail che son sinonimi di morti, ammazzati, da una strada che dovrebbe condurre alla vita ma che, spesso, in Calabria, conduce alla morte.
Ad accompagnarvi nel viaggio lungo la Statale trovate gli ulivi secolari, qualche falco posato qua e là, ma anche fichi d’india bruciati dal sole e una littorina, di un unico vagone, che spesso, quando gli va, fa “ciuf ciuf”.
Se si percorre la Calabria da Crotone, bisogna arrivare fino a Policoro per trovare un pronto soccorso. E Policoro, si sa, non è in Calabria ma in Basilicata.
Da Crotone a Policoro ci sono tantissimi chilometri di distanza e questo non può esistere in questo mondo, nel nostro Paese.
La salute è un diritto che deve essere garantito a chi, in Calabria ci vive e chi, ogni anno, vuol passarci le proprie vacanze. Ecco, perché, all’appello delle Lampare, nel corso di questi giorni di presidio collettivo, si sono unite tante, tantissime voci di solidarietà da tutto il Paese e anche dal mondo intero.
Eppure si è scelto di aprire ospedali da campo, spendendo soldi, per contrastare la pandemia. Non si è voluto, nemmeno in questo caso, provare a riaprire la struttura ospedaliera presente sul territorio com’è quella di Cariati. Perché questo? Mistero di Calabria.
UNA NUOVA PROTESTA PACIFICA
Il 30 gennaio prossimo alle 9:30 ci sarà un nuovo sit in di protesta pacifica organizzato da Le Lampare. Il presidio popolare in occupazione nell’ex Ospedale, infatti, fa sapere di aver organizzato una nuova protesta pacifica. La manifestazione si svolgerà nella forma del Drive In. Infatti, ci si muoverà in macchina in corteo lungo la Statale 106 e allo stesso tempo i cittadini in occupazione da più di due mesi, ormai, invitano i vari sindaci del territorio ad intraprendere azioni incisive ed eclatanti.
Ci uniamo anche noi, RealisticaMente parlando, a questa civile protesta per rivendicare il loro e il nostro diritto: la salute, che deve tornare ad essere di tutti e non deve essere “venduta” per stupidi giochi di potere.
La Calabria può e deve tornare a risplendere, anche grazie a queste iniziative popolari. Ce lo auguriamo tutti ma, in primis, per favore “REALISTICAMENTE PARLANDO, RIAPRITE L’OSPEDALE DI CARIATI. ORA”!